Sovralimentazione, storia e tecnica - Automobilismo

2022-06-25 05:12:12 By : Mr. psstled Colin

La sovralimentazione è il modo più veloce per aumentare la potenza specifica di un motore 4T. Teoria, pratica e diverse tecniche di quello che spesso chiamiamo soltanto “turbo” ...

I motori a combustione interna alimentati a benzina basano il loro funzionamento sul ciclo termodinamico Otto, così chiamato in omaggio al suo teorizzatore il tedesco Nikolaus August Otto che nel 1876 costruì un prototipo funzionante sulla base degli studi compiuti dal francese Alphonse Beau de Rochas.

Il ciclo Otto si basa su quattro tempi: aspirazione, compressione, combustione e scarico, rappresentati, come ciclo ideale, nel diagramma pressione-volume (p-v). Per capire perché si sovralimenta un motore al fine di ricavarne maggiore potenza, è necessario premettere due considerazioni.

La prima è che l’area racchiusa dal ciclo rappresenta un’energia: quanto più quest’area è grande, tanto maggiore sarà l’energia ricavata dopo che il pistone avrà compiuto le quattro fasi.

La seconda è che energia diviso tempo uguale a potenza: ecco allora che, a parità di tempo, più si aumenta la quantità di energia prodotta nel ciclo termodinamico, più potenza è possibile ricavare.

Aumentando la corsa del pistone, rappresentato schematicamente nella parte bassa , l’area del ciclo aumenta in quanto si sposta più a destra il segmento BE. Ma ciò vuol dire che aumenta la cilindrata.

In alternativa, anziché la corsa, si può aumentare l’alesaggio, ottenendo ugualmente un aumento di cilindrata detta anche “volume generato” proprio per la ragione che è generata dal movimento del pistone.

Di qui una prima conclusione: più cresce la cilindrata, più potenza è possibile ricavare. E fu la strada inizialmente seguita.

Ne vennero fuori, nel periodo dagli anni ‘10 ai ‘20 del secolo scorso, motori enormi impiegati in vetture da record o da competizione, con cilindrate di oltre 20.000 cc, quindi non proprio l’ideale per una vettura sì sportiva, ma di normale impiego stradale. Cambiamo metodo e, anziché aumentare la cilindrata, aumentiamo la pressione di picco del ciclo?.

In che modo? Aumentando il rapporto di compressione del motore, detto in modo più preciso rapporto volumetrico di compressione. Qui ci si scontra, però, con un altro fattore: il potere antidetonante del combustibile impiegato. Con la detonazione si avrà solo un picco istantaneo di pressione, che creerà danni al pistone senza generare lavoro meccanico.

Di qui lo studio per produrre combustibili di elevata resistenza alla detonazione, quantificata in una cifra detta numero di ottano equivalente. Più il numero di ottano del combustibile è elevato, maggiore sarà la sua resistenza alla detonazione, premessa indispensabile per poter aumentare il rapporto di compressione che andrà a beneficio anche del rendimento termico del motore e quindi della diminuzione del consumo specifico di carburante. Altro aspetto: adottare combustibili con potere calorifico più elevato per aumentare la temperatura della fase 3 (combustione).

Più calore si ottiene dalla combustione, compatibilmente con la tenuta dei materiali, più energia si ha a disposizione. Vi sono anche altre strade per ricavare più potenza, che qui non tratteremo, e che però alla fine convergono tutte su di un altro limite che è il riempimento del volume del cilindro generato dalla corsa del pistone.

Ragioni della sovralimentazione La miscela aria-benzina entra nel cilindro per la depressione generata dal movimento del pistone verso il punto morto inferiore.

È quindi la pressione atmosferica che sospinge dentro al cilindro la miscela gassosa (o solo l’aria nel caso del motore diesel) attraverso la valvola di aspirazione. La quantità di miscela entrante dipende perciò dal valore della pressione atmosferica, a sua volta influenzato in una certa misura dalla densità dell’aria legata a sua volta all’altitudine sopra il livello del mare del luogo dove ci si trova.

Come fare allora per far entrare nel cilindro più miscela aria-benzina, d’ora in poi detta fluido? A parte ridurre le resistenze incontrate dal fluido attraverso filtri, collettori e valvole, se il fluido è spinto dentro a forza, nel cilindro ne entra di più.

Si viene quindi ad avere a disposizione una maggiore carica formata da combustibile e comburente da cui ricavare più energia e quindi più potenza. A questo provvede una macchina detta “compressore” e allora si dice che il motore è sovralimentato.

La sovralimentazione ha quindi lo scopo di aumentare la densità di carica, dove l’incremento percentuale della pressione di alimentazione del motore ne indica il grado di sovralimentazione. In tutto ciò, però, si paga pegno che consiste nel dover abbassare il rapporto di compressione per evitare la detonazione, oltre a dimensionare il tutto in modo da sopportare le superiori sollecitazioni derivanti dall’aumento di pressione nel cilindro e di potenza da parte del motore.

Diversamente, se si sovralimenta un motore esistente, occorre contenere il valore della pressione massima entro limiti accettabili, cioè, come abbiamo visto, adottare un rapporto di compressione inferiore a quello che si sarebbe adottato nel corrispondente motore aspirato. Questo fatto, però, comporta l’innalzamento del consumo specifico di carburante, perché il rendimento termico del motore, oltre che al rapporto tra i calori specifici a volume costante e a pressione costante del fluido che percorre il ciclo, è legato al valore del rapporto di compressione.

Compressore volumetrico e turbocompressore Il primo compressore utilizzato nei motori endotermici a ciclo Otto è quello volumetrico nelle sue forme più comuni, a lobi o a vite. Quello a lobi è formato da due rotori sagomati che comprimono l’aria in aspirazione. Il compressore viene azionato dall’albero motore attraverso un collegamento meccanico, con opportuno rapporto di demoltiplicazione dei giri.

In alternativa si può impiegare il meno diffuso compressore a vite, dove il flusso d’aria viene spinto verso il motore grazie all’inclinazione dei lobi, in modo del tutto analogo alla filettatura di una vite che, invece di far scorrere l’aria tra i lobi, la fa scorrere lungo di essi. In entrambi i casi si tratta di macchine volumetriche rotative: sono dette volumetriche perché erogano una portata che dipende dalla velocità di rotazione dell’albero che le trascina in movimento.

Esse vengono attraversate da portate finite di fluido, quindi necessitano di una fase di ammissione e di una di emissione del flusso. Il vantaggio del compressore volumetrico è che l’aumento di coppia motrice e di potenza è garantito lungo tutto l’arco di rotazione del motore, fin dai più bassi regimi.

La sua risposta all’acceleratore è istantanea, quindi non esiste il ritardo (detto turbo-lag) presente nei turbocompressori. In pratica è come se avessimo un motore aspirato di maggiore cilindrata, coppia motrice e potenza, con il vantaggio, però, di avere cilindri più piccoli e quindi con inferiori perdite per attriti interni.

Il lato negativo è che, essendo il volumetrico azionato direttamente dal motore, parte della potenza è spesa per il suo stesso funzionamento. E questo incide negativamente sul consumo di carburante. Veniamo ora alla sovralimentazione mediante compressore centrifugo e turbina mossa dai gas di scarico.

È questo il caso della sovralimentazione con turbocompressore. L’organo meccanico che comprime il fluido dentro al cilindro è una turbomacchina. Una turbomacchina è attraversata con continuità dal fluido che vi evolve e non presenta valvole che vengano periodicamente aperte e chiuse.

Il compressore prende il moto da una turbina (di qui il nome turbo-compressore) che è mossa a sua volta dall’energia posseduta dai gas di scarico del motore. Senza entrare in specifici termini termodinamici, possiamo dire che l’energia contenuta nei gas di scarico deriva dal calore, dalla velocità e dalla pressione che essi possiedono nel momento in cui vengono espulsi dal cilindro.

l gas di scarico devono però muovere una girante di acciaio che presenta un’inerzia: per fare questo devono possedere abbastanza energia, altrimenti la turbina non gira. Energia che dipende dal regime di rotazione del motore, cosa che spiega perché, per avvertire la spinta impressa alla vettura dall’aumento di potenza, si debba superare un determinato numero di giri, al di sotto del quale la sovralimentazione è pressoché nulla.

In sintesi, la turbina aziona il compressore a essa meccanicamente collegato il quale, a sua volta, comprime la miscela dentro al cilindro. Concettualmente il discorso è semplice, ma la sua applicazione si complica una per serie di ragioni: qui accenneremo alle principali.

Vantaggi e svantaggi La pressione di sovralimentazione generata da un turbocompressore è data fondamentalmente, a parità di regime di rotazione, da parametri geometrici quali il diametro della girante, la forma e il numero delle pale presenti nella girante stessa. Maggiore è il diametro della turbina, maggiore sarà la sua inerzia e più alta la difficoltà dei gas di scarico per metterla in rotazione e viceversa. La conseguenza, con turbine di grande diametro, è che si innalza il regime di giri del motore al di sotto del quale non avrò alcun effetto di sovralimentazione.

D’altro canto, con una turbina più piccola, avrò minore inerzia e un punto di ingresso del compressore a più basso regime. Ma la girante più piccola genererà meno pressione. Di qui la ricerca del migliore compromesso tra opposte esigenze: con una turbina più grande si ricava più potenza dal motore, ma erogata in modo brusco (il cosiddetto “calcio alla schiena”) e ad un regime di giri più elevato.

E viceversa accade nel caso della turbina più piccola. Da questo si deduce che la facilità di guida di una vettura turbocompressa è fortemente influenzata dal tipo di turbocompressore montato. In altre parole si può avere un turbo di coppia o un turbo di potenza, il primo è più indicato per una guida che si basa sullo sfruttamento dell’elasticità del motore e sulla potenza e coppia erogate a basso regime, il secondo quando si vogliano caratteristiche di sportività che privilegino soprattutto le prestazioni in senso assoluto.

A differenza del compressore volumetrico, il turbocompressore non assorbe potenza dal motore, anzi, ne sfrutta una parte che diversamente andrebbe perduta. Possiamo rendercene conto con... l’udito. I motori turbocompressi sono infatti più silenziosi dei motori aspirati di pari potenza, il loro rombo è più ovattato.

In un motore aspirato, compiuto il ciclo, i gas che lasciano il cilindro possiedono un quantitativo residuo di energia che non produce lavoro meccanico. Dato che l’energia, secondo un noto principio, non si crea, non si distrugge ma si trasforma, ecco che parte del contenuto energetico dei gas di scarico si trasforma in onde sonore, il resto in calore che riscalda il collettore di scarico e le marmitte.

Ma se il contenuto energetico dei gas di scarico viene sfruttato in parte per produrre lavoro, ne resta meno da trasformare in rumore. In sintesi, il punto forte della sovralimentazione con turbocompressore è l’elevato livello netto di coppia motrice e di potenza ottenibile dal motore, anche con cilindrate ridotte. Il punto debole, sul quale oggi si sono comunque ottenuti risultati eccellenti con le più moderne tecniche (geometria variabile, controlli elettronici ecc...), è la gestione delle curve di potenza e coppia e della riduzione del ritardo nella risposta all’accelerata, problemi che i piloti professionisti gestivano grazie alla loro preparazione, ma che mettevano in difficoltà il normale guidatore.

Altro punto critico: la turbina ruota a una velocità di molto superiore a quella del motore, si parla oggi di ben oltre 100.000 giri/minuto. Con i primi turbo stradali le Case raccomandavano di lasciare girare il motore al minimo per circa un paio di minuti prima di spegnerlo, questo per dare modo alla turbina di rallentare la propria velocità di rotazione fino a quasi fermarsi. Spegnendo il motore senza questo accorgimento c’era il rischio che, cessata l’azione della pompa dell’olio, ai cuscinetti del gruppo di sovralimentazione, ancora rotanti ad alto regime, non arrivasse più il lubrificante con conseguente grippaggio.

Bisognava dare modo alla turbina di scendere di giri, solo dopo si poteva spegnere il motore in sicurezza. Diversamente, alla ripartenza, ci si accorgeva di avere un motore... semplicemente aspirato. E questo era un problema anche nei motori diesel turbocompressi delle macchine operatrici stradali, per esempio.

Altro punto: comprimere un gas ne comporta il riscaldamento con conseguente diminuzione della densità e perdita di potenza ottenibile. Di qui l’inserimento dell’intercooler, che altro non è che un radiatore la cui funzione è di raffreddare il fluido compresso prima che entri in camera di combustione. Altro problema ancora è il raggiungimento di pressioni di sovralimentazione tali da mettere in pericolo la tenuta meccanica stessa del motore: per evitare ciò viene inserita una valvola di sfogo (valvola waste-gate) che si apre nel momento in cui è raggiunta una pressione limite prestabilita. A volte nello stesso motore vengono impiegate contemporaneamente entrambe le tecniche di sovralimentazione, con compressore volumetrico e con compressore centrifugo.

La Lancia Delta S4 ne è un esempio, dove il compressore volumetrico funziona ai bassi regimi favorendo l’accelerazione della vettura all’uscita dei tornanti e delle curve strette, mentre il turbo entra in funzione ai regimi più elevati per massimizzare la potenza, con contemporaneo disinserimento del volumetrico. Questa tecnica permette di sfruttare i vantaggi di entrambe le sovralimentazioni. Il discorso, da un punto di vista puramente tecnico, non si esaurisce certo qui.

Tante e diverse sono le implicazioni legate all’ottimizzazione di queste tecnologie in relazione all’obiettivo che si vuole raggiungere. Come, del resto, specialmente con il volumetrico, si hanno tipi diversi di compressore in relazione all’impiego finale del motore sovralimentato e alle caratteristiche di erogazione che si vogliono ottenere.

Quello che non cambia è il concetto base, vale a dire ricavare da un motore a ciclo Otto (sul quale qui abbiamo posto l’accento), o Diesel che sia, prestazioni a livello di motori di più elevata cilindrata.

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