Salmone e non solo: in estate è tempo di gustare tante specialità ittiche - Italia a Tavola

2022-06-11 01:34:28 By : Mr. Zolace Zhu

U n tempo ritenuti cibi “proibiti” per il loro costo elevato, oggi, considerando le dosi raccomandate, sono accessibili a tutti. Ciò che li accomuna è soprattutto la loro elevata qualità. In questo servizio approfondiremo la conoscenza di quattro specialità ittiche: ostriche, salmone affumicato, caviale e acciughe del mar Cantabrico.

Essendo un prodotto “vivo”, l’ostrica ha molti appassionati ma anche molti detrattori, probabilmente perché non è molto conosciuta. Si tratta di un mollusco marino con una conchiglia bivalve, la parte superiore è appiattita; quella inferiore, con la quale si fissa alla roccia e dove si trova il corpo dell’ostrica, è convessa. Esistono due specie di ostriche, totalmente diverse: l’ostrica “plate” (piatta), di forma tonda, e l’ostrica “creuse”, allungata, chiamata a volte “giapponese” per le sue origini nel Pacifico, che costituisce la parte maggiore della produzione mondiale. Le dimensioni medie si aggirano sui 10 cm di larghezza, ma possono essere anche sensibilmente superiori.

Attualmente, la maggior parte delle ostriche proviene da allevamenti. Il ciclo (l’ostricoltura) dura dai 2 ai 6 anni e richiede cure costanti: dapprima le larve vengono fissate dagli ostricoltori ad appositi collettori, spesso tegole romane, per circa otto mesi; vengono quindi staccate dal loro supporto e inizia la fase dell’allevamento, per una durata massima di due anni, durante la quale l’ostrica si sviluppa. L’ultimo stadio (ingrasso e maturazione) avviene nei parchi ben riparati, dove l’acqua ha un basso contenuto salino (dal 2 al 3%) ed è ricca di plancton, del quale l’ostrica si nutre aspirandolo con l’acqua e filtrandolo attraverso le branchie: le alghe silicee determinano non solo lo sviluppo dell’ostrica ma anche la sua particolare colorazione. Nel periodo della crescita viene trasferita in spazi sempre più grandi.

La qualità dell’ostrica dipende da vari fattori: le cure dell’ostricoltore, le condizioni climatiche, la temperatura dell’acqua e il grado di salinità. Tra le ostriche “plates” sono rinomate le “Marennes” e le “Belons”; una buona belon, allevata in acqua profonda, si riconosce dalla carne grigio-bianco che riempie bene la conchiglia e con un liquido trasparente. Nella regione di Marennes-Oléron esiste la più importante produzione di ostriche “creuse” di Francia: nell’immensa distesa di “claires” (bacini, spesso antiche saline), l’ostrica si sviluppa consumando un’alga microscopica che contiene dei pigmenti blu e assume un bel colore verde.

Mentre una volta, secondo il detto, le ostriche si consumavano da settembre ad aprile, solo nei mesi con la “r”, oggi con l’ostricoltura, si possono gustare tutto l’anno. In Italia sono molto apprezzati gli allevamenti di Trieste, La Spezia, Taranto e Lago di Fusaro in Campania, dove anticamente presero avvio eccellenti allevamenti. Tuttavia, oggi la maggioranza delle ostriche consumate in Italia sono di origine francese, grazie anche alla capacità che ha la rete commerciale di questo Paese di fornire prodotti garantiti non solo sotto il profilo igienico-sanitario (l’ostrica, come tutti i frutti di mare, va controllata attentamente da questo punto di vista), ma anche rispetto alla costanza della qualità, le dimensioni, ecc. Sono da segnalare altre specie diffuse, tra le più importanti: “Portugaises” (Francia), “Ostendes” (Belgio), “Imperials”, “Zeelands” (Olanda), “Whitstables”, “Colchesters” (Inghilterra).

Le ostriche si servono sempre all’inizio del pranzo o, meglio ancora, con l’aperitivo; per certi appassionati, però, esse costituiscono, da sole, l’intero menu. Si gustano ancora vive, sia al naturale che spruzzate con pochissimo succo di limone oppure con qualche goccia di aceto allo scalogno, accompagnate con tartine di pane di segale imburrato. Quando sono servite crude, vengono appoggiate sopra mucchietti di sale grosso oppure sopra ghiaccio tritato, in piatti fondi. Naturalmente, al momento dell’apertura della conchiglia, l’ostrica deve essere viva, cioè reagire quando la si tocca; quelle socchiuse devono essere eliminate. Inoltre, quando la conchiglia si apre, deve essere piena d’acqua e l’ostrica deve leggermente contrarsi. Una volta aperta, bisogna gustarla entro un’ora. Quelle chiuse possono essere conservate per cinque o sei giorni ad una temperatura compresa tra 5 e 15°C.

Ogni commensale deve avere una forchettina piatta con un lato tagliente per raccogliere l’ostrica nel guscio e portarla alla bocca. Oggi, per favorirne la degustazione, il mollusco è già staccato dal guscio, prima di portarlo a tavola. Seppure meno frequentemente, alcuni cuochi le propongono cotte: alla griglia, fritte, gratinate o in salsa, per accompagnare certi pesci come sogliole, rombi o branzini.

L’ostrica è generalmente molto digeribile per cui, quando è servita all’apertura del pranzo o con l’aperitivo, ne possono essere servite anche sei per ogni commensale. Se invece le ostriche formano un piccolo pranzo, ne possono essere servite da 12 a 18. In genere si accompagnano a vini bianchi secchi, Champagne brut o vini spumanti italiani di ottima qualità.

L’ostrica è un mollusco noto da tempi antichissimi. I Greci l’apprezzavano molto e l’entità del suo consumo è indicata anche dal fatto che si usavano i gusci di ostrica nelle pubbliche votazioni. I Romani seguirono i Greci nell’amore per l’ostrica e concepirono il sistema per allevarle. Racconta Varrone che un gentiluomo romano sia stato il primo ad allestire vivai di ostriche a scopo di speculazione, accumulando grandi fortune.

Alcune curiosità: si racconta che Luigi XV le amasse “à la tartare”, crude con limone; Mirabeau arrivò a divorarne 360 in una sola volta; Balzac ne mangiò 100 solo come antipasto; Gioachino Rossini, quando era all’inizio di carriera, si indebitò per poter gustare le ostriche che, anche a quel tempo, erano considerate un cibo non alla portata delle tasche di tutti.

Grande protagonista delle feste del passato, nel tempo il salmone ha vissuto un declino poiché, con gli esemplari di certi allevamenti scadenti, era diventato un pesce non più di “élite”. Negli ultimi anni, invece, con allevamenti sempre più interessanti e le varietà migliori, ha riguadagnato il terreno perduto anche se, per gli intenditori, il salmone selvaggio è di gran lunga preferito. Il salmone vive negli abissi dell’oceano ma, quando si tratta di pensare alla famiglia, non esita a cercare acque meno profonde. Quello dell’Atlantico, per esempio, durante il periodo riproduttivo risale i fiumi del nord Europa e del nord America per deporre e fecondare le uova. A due anni i pesciolini tornano al mare, dove restano da uno a tre anni. Il salmone europeo (Scozia, Inghilterra, Irlanda e Norvegia) può raggiungere il metro e mezzo di lunghezza: ha corpo snello color acciaio, con fianchi argentei, ventre chiaro e pinne scure. Quello dell’Alaska è considerato una vera leccornia, specialmente quando è affumicato.

L’affumicatura è il modo più classico di conservare il salmone. In commercio si trovano diversi prodotti, con differenze di prezzo, giustificate dal pregio del pesce, dal taglio e dalle modalità di lavorazione. Scozia, Inghilterra e Norvegia vantano una lunga tradizione: dal corretto dosaggio di sale e fumo dipende la qualità del prodotto finito. Il salmone lavato, privato della testa e delle interiora, aperto a libro e lavato di nuovo, viene immerso in salamoia. C’è quindi l’affumicatura: il fumo proviene da legna resinosa ed erbe aromatiche (ginepro, erica, salvia). l salmone affumicato di qualità ha carne rosea con una punta di giallo, morbida e leggermente elastica, grassa al punto giusto. La parte centrale è sempre la migliore, perché quella vicino alla coda assorbe sale e fumo e quindi risulta più secca. In commercio si trovano salmoni affettati: le buste di grande formato contengono il prodotto migliore, da servire con pane di segale e riccioli di burro. Quelle con fette piccole e ritagli possono essere utilizzate in cucina.

Esiste una notevole differenza tra salmone selvaggio e salmone d’allevamento. Una differenza che è facilmente percepibile dai nostri sensi quando si degusta la polpa dei due tipi di salmone. Per esempio, il salmone selvaggio dell’Alaska si distingue da quello d’allevamento per alcune caratteristiche fondamentali: la carne è meno grassa, la polpa è più consistente e ha un gusto più definito.

Quando si acquista salmone affumicato, è bene preferire le confezioni più grandi da gustare in vari modi, da quello più semplice a quello marinato e servito come ricca apertura di un pranzo oppure in occasioni in piedi, tagliato a fettine più piccole e sempre accompagnato da fettine di pane di segale leggermente imburrato. Un’ottima soluzione è anche quello di servirlo “alla tartara” come piaceva al Re Sole.

Considerato da sempre il top degli alimenti, il caviale gode del favore di veri “fan” che, da buoni intenditori, tempo fa preferivano il caviale russo e quello iraniano, in particolare delle varietà Beluga e Asetra. Tuttavia, nell’ultimo decennio, a causa del progressivo inquinamento dei fiumi, pare che gli storioni, carichi delle preziose uova, abbiano scelto altri percorsi ed è a questo punto che si è affermato il caviale italiano: si tratta dell’ormai celebre Calvisius, diventato stella di prima grandezza, tutta italiana, nel mondo del caviale. A Calvisano, in provincia di Brescia, la Agroittica Lombarda produce un caviale proveniente dagli estensivi allevamenti di storione bianco con sistemi all’avanguardia, sia per quanto riguarda le condizioni igienico-sanitarie sia per quanto riguarda la qualità. L’accoglienza ricevuta dal caviale Calvisius è stata tale che Agroittica Lombarda è diventata il maggior produttore europeo di caviale ed è stata scelta come fornitrice di alcune compagnie aeree di grande importanza, per i passeggeri di prima classe, proprio per le caratteristiche di affidabilità e costante garanzia di qualità unite ad un sapore sopraffino e unico.

Il caviale viene offerto sia pastorizzato che fresco, quest’ultimo in particolare ha straordinarie caratteristiche di profumo e sapore, con un contenuto di sale inferiore al 2,5%, ed è caratterizzato dalle grandi dimensioni (tutte le uova, ugualmente calibrate, misurano circa 3 mm). Considerando che l’ingente produzione copre praticamente l’intero anno solare, il caviale italiano non conosce periodi di fermo ed è prodotto tutto l’anno. Il prezzo, pur essendo elevato, è concorrenziale. Bisogna infatti considerare che se ne gustano piccole quantità, ed è accessibile quasi a tutti.

Grazie a tutto ciò, il caviale italiano è diventato leader della produzione mondiale, sia per la quantità sia per la qualità. Qual è la “nota in più”? Tutto dipende dalla salatura durante il ciclo di lavorazione e, a quanto pare, quella realizzata in Italia non ha eguali poiché si avvale di maestri salatori di grande esperienza che garantiscono la costanza qualitativa. La fama del caviale italiano si è diffusa con le esportazioni in tutto il mondo, compresa la Russia.

Come si serve il caviale? Il caviale deve essere gustato in breve tempo poiché si conserva poco. Dovrebbe essere gustato da solo o, al massimo, con una patata lessata. Esistono speciali coppe di vetro con il doppio fondo: nella parte inferiore si mette del ghiaccio e in quella superiore il caviale, alla temperatura di 2°C, con un cucchiaino di madreperla. La dose corretta, salvo eccezioni di golosità, è di 15-20 grammi a persona. Naturalmente, se ci fossero grandi quantità, piuttosto che lasciarlo andare a male, meglio mangiarlo, da solo, senza aggiunte e accompagnarlo con bollicine.

Le acciughe possono apparire un argomento banale e scontato per la grande disponibilità e le molteplici varietà presenti nel mercato italiano che le utilizza in tantissimi piatti secondo i territori. Tuttavia, da alcuni anni, grazie soprattutto a grandi chef che le hanno inserite nei loro menu, sono salite alla ribalta le acciughe del Cantabrico, nettamente diverse da quelle fino ad allora diffuse. Oggi è in atto una vera disputa sulle acciughe conservate ma, dopo averle viste e assaggiate, per le altre non c’è stato niente da fare: quelle del Cantabrico sono nettamente migliori, vediamo perché.

Prima di tutto la loro dimensione, sono più grandi, intere e carnose. Poi il gusto esclusivo e la loro “interezza” che non le fa sciogliere, neanche in cottura, per la loro carnosità. Sono selezionate a mano, una per una, e quindi, sempre a mano, vengono poste nei contenitori finali. Naturalmente, sono più care delle nostrane ma vale la pena di provare ad usarle per notare le differenze con le altre varietà. Per fare un test di assaggio, è sufficiente mettere un filetto sopra un crostino di pane, magari leggermente imburrato, per un aperitivo fuori dall’ordinario, accompagnandolo con bollicine. Oggi fanno tendenza ed anche i locali pubblici meno noti hanno iniziato ad acquistarle e utilizzarle per arricchire i loro aperitivi o piccoli spuntini.

Ripercorriamo la loro storia. A cavallo tra la fine dell’800 e l’inizio del 900, alcuni pescatori siciliani giunsero in Cantabria, sulle coste di Spagna, per cercare pesci già confezioni ed ebbero modo di vedere da vicino la lavorazione delle acciughe restandone sorpresi ed ammirati. Iniziò così l’importazione in Italia ma in piccolissime quantità per il costo elevato. Gli stessi pescatori si fermarono là per insegnare a quelli spagnoli la tecnica conserviera italiana. Ci vollero molti anni prima che le acciughe del Cantabrico si affermassero nel nostro Paese perché ancora troppo care per il nostro mercato, ma diventarono “chicche” per pochi gourmet. Più recentemente, con una diffusione capillare, ormai tutti i tipi di consumatori si sono abituati a questa novità con grande soddisfazione.

Infine, qualche curiosità. Perché le acciughe del Cantabrico sono più carnose? Il mar Cantabrico è noto per le sue acque gelide e le alici in mare sono costrette a non rimanere mai ferme e aumentano così la loro massa corporea ed anche una lunghezza superiore. Come sono confezionate? Sempre da personale femminile poiché, avendo mani più piccole di quelle maschili, possono inserirle più facilmente nei contenitori selezionando solo i filetti delle stesse dimensioni. La loro tracciabilità è totale: all’interno di ogni confezione c’è un foglio che indica orario, luogo e nome della lavoratrice che si è occupata della singola lavorazione. Il modo migliore per apprezzare pienamente il sapore delle acciughe del Cantabrico è mangiarle da sole, su una fetta di pane con un po’ di burro, oppure con un formaggio morbido.

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